ROMANEE CONTI, E’ MEGLIO LASCIARLO CHE NON AVERLO MAI INCONTRATO
Il cancello che domina la viuzza di Vosne Romanee lascia intravedere qualcosa di diverso dall’ordinario, appena accennato, quasi a far capire che lì, oltrepassata la porta ferrata, riposa un’essenza che non vuole essere disturbata da chi non è disposto a concederle qualche reverenza. Noi quella porta l’abbiamo varcata, con curiosità trepidazione e sì, anche tanta reverenza. Perché quella porta apre l’accesso alla Domaine de la Romanee Conti, Dcr, tra le lettere che stampate su una bottiglia sono sinonimo di qualità assoluta, eccellenza riservata a pochi, il paradiso sulla terra, come ha scritto recentemente in un suo reportage la rivista americana Wine Spectator.
Vosne Romanee basterebbe da solo a spiegare cosa si prova quando si mette piede in Borgogna. Il concetto di qualità della prende forma, diventa sostanza in mezzo ad una distesa di vigne che si arrampicano dolcemente sulle colline fino a raggiungere vette non troppo alte né troppo fredde, le vette dei grand cru che sono perfetti nel loro equilibrio. La Domaine de la Romanee Conti è la sintesi di tutto questo, il cuore di un paese benedetto, il massimo del vino, della natura e persino dello “status sociale” che si può abbinare ad una bottiglia. Il paradiso in meno di un litro di vino. Noi l’abbiamo assaggiato, l’abbiamo visto guidati da Bernard Noblet, il cantiniere che lavora in azienda da 35 anni dopo che suo padre ne aveva già spesi 40 a curare il Pinot Nero. E’ lui che apre la porta del cielo spillando dalle botti i vini che degustiamo, tutti dalle barriques che stanno cullando un’annata eccellente, il 2009.
Il primo è il Grand Echezeaux, poi il Romanee St.Vivant, il Richeburg, la Tache, un monopole dell’azienda, e infine la Romanee Conti, l’altro monopole, quello che spinge il Pinot Nero oltre la sua stessa essenza, che lo concentra fino quasi a farlo sparire, che lo esalta fino a nasconderlo, che lo rivela solo agli eletti. Altre parole non servono per descrivere vini che già ora, nella loro piena giovinezza, sono cavalli di razza.
Roberto Bellini, nel suo articolo su questa visita in Borgogna, fa un paragone con un film “Una giornata particolare” di Ettore Scola. E’ sicuramente azzeccato, ma ancora migliore è la conclusione del suo racconto. Bellini ricorda che Fabrizio De Andrè diceva: “è stato meglio lasciarlo che non averlo mai incontrato”. .. Appunto.